Vivere con le orchidee
di Nelly De Vita



" Vivere con le orchidee in ogni angolo della casa. "

Analisi e realizzazione di microambienti domestici

- Introduzione

Quando ho cominciato ad interessarmi alle orchidee, era l'anno 1990; ho posizionato le piante che possedevo, erano 1 o 2, nei posti che mi sembravano più adatti a completare l'arredamento delle singole stanze: il centro di un tavolo, la consolle di un ingresso e, seguendo le indicazioni dei venditori, le ho annaffiate e curate nei modi più disparati, spesso con cocenti delusioni sui risultati soprattutto per gli esemplari più belli.
A questo punto ho cominciato a pensare che i fiorai non dessero consigli molto affidabili e che dovessi cercare qualche fonte più attendibile sulla cura delle orchidee. Ho scoperto che le orchidee erano costituite da un numero grandissimo di specie che provenivano dalle zone più impensate del globo con climi molto eterogenei fra loro. Era necessario avere qualche notizia sui loro habitat naturali per scegliere quali di esse avrebbero potuto adattarsi a vivere insieme a me o decidere quali accorgimenti sarebbero serviti per adattare parti della mia casa ad ambienti favorevoli alla loro permanenza.
Avrei potuto allestire una zona tutta per loro montando una serra, ma questa soluzione non mi era congeniale; infatti la bellezza degli esemplari che contattavo mi faceva desiderare di vedermeli sempre attorno e non di fare loro visita in un ambiente per loro preparato.
Mentre cercavo di avere notizie utili per il mio nuovo interesse, in una delle mostre che mi è capitato di visitare, sono venuta a contatto con persone della SIO , società di orchidofili , con sede all’orto botanico di Roma. Allora mi sono iscritta all’associazione ed ho frequentato il mio primo corso nel 1992. Ho ricevuto consigli utili e pubblicazioni che mi hanno consentito di avvicinarmi in modo più costruttivo alla conoscenza e alla coltura e le orchidee.
Per ogni orchidea che ricevevo in regalo o compravo ho cominciato ad interessarmi alla sua provenienza, al suo habitat naturale, ho cercato attraverso pubblicazioni, siti Internet e contatti con orchidofili di più anziana data, di conoscere i rilievi meteorologici relativi alla zona di provenienza delle orchidee in studio e ho iniziato a guardare la mia casa come insieme di angoli che potevano diventare ambienti idonei per i tipi specifici di orchidea o che erano già adatti ad ospitarle. Mentre avanzavo nel mio studio e nelle mie ricerche e il mio nuovo interesse affettivo mi portava a conoscere sempre nuovi tipi di orchidea, ho conosciuto nel 2000 un nuovo gruppo di orchidofili, l'associazione ALO, ed ho qui frequentato un nuovo corso di coltivazione.  Intanto il numero delle mie orchidee aumentava, e io constatavo che le volevo incontrare sempre mentre, per varie ragioni, entravo e uscivo da casa , lavoravo al computer, mi lavavo, o mi spostavo da un ambiente ad un altro.

- Quali ambienti?

Dalle informazioni e studi maturati e in base al tipo di piante che possiedo ho individuato e scelto, alcuni ambienti  in casa e alcune zone  del mio giardino ove coltivare le mie orchidee.

Ambienti in casa:

  • la veranda-ingresso coperta a tetto con  lati esposti uno a sud , uno a est, uno a nord e uno cieco addossato alla casa
  • il salone, e precisamente una finestra esposta a ovest
  • un bagno al secondo piano con finestra esposta a ovest
  • gli abbaini della cucina esposti ad est
  • lo studio con una finestra esposta a ovest

Zone del giardino:

  • albero di melo con piante appese ai rami per il soggiorno estivo, con irrigazione automatica con singoli gocciolatoi
  • torre di profilati ricoperta da un rampicante (Bignonia) con piante appese , per il soggiorno estivo con irrigazione automatica con irrigatori a getto fine a pioggia
  • albero di lauroceraso con piante appese, per il soggiorno estivo , con irrigazione automatica con irrigatori a getto fine a pioggia e gocciolatoi
  • tettoia a vetri per piante appese , per il soggiorno invernale con riposo
  • zone a terra per Cymbidium e Bletille   

Ho posizionato in queste zone alcune orchidee che, mi sembrava, vi potessero prosperare. Ed effettivamente quasi tutte  sopravvivevano abbastanza bene.
 

- Quali difficoltà ?

Mi sono resa conto che utilizzando gli stessi intervalli di annaffiatura  in tutte le zone, in alcune piante restavano troppo bagnate tra un'annaffiatura e l'altra, in altre il substrato si asciugava troppo presto e quindi in alcune si verificavano fenomeni collegati all'umidità troppo alta (muffe o macchie sui fiori), in altre il substrato diventava troppo secco e si verificavano presenze di afidi ho altri parassiti collegati con caldo asciutto. Il colore delle foglie di alcune piante mi suggeriva che l'illuminazione non era quella ottimale.
A questo punto ho pensato di realizzare dei “microclimi” locali intervenendo con piccole modifiche, poco costose, capaci di modificare la temperatura, l’umidità relativa (U%), la ventilazione e l'illuminazione.

- Come ho attrezzato ciascuna zona, senza alterare troppo l'estetica dell'ambiente attrezzato.

Ho cominciato ad inserire qualche piccolo ventilatore orientabile, tra un mobile del soggiorno e la finestra e alla sommità delle pareti della veranda. Con questo primo intervento già non si verificavano più , frequentemente, fenomeni collegati con l'umidità stagnante ed erano più raramente presenti afidi e cocciniglie.
Poi, sempre senza turbare troppo l'estetica dell'ambiente, ho aggiunto delle luci supplementari da utilizzare soprattutto nei mesi nei quali in Italia le giornate sono più corte di quelle delle zone di provenienza delle orchidee. Anche con questa aggiunta ho notato un miglioramento nelle colture.
Io ho la fortuna, ai fini della coltivazione delle orchidee, di abitare una zona di Roma per sua natura piuttosto umida. Tuttavia con l'aiuto della mobilità dell'aria ottenuta con i ventilatori, ho pensato che un incremento dell'umidità, in alcune ore e per alcuni tipi di orchidee,  poteva essere un aiuto; a questo punto ho montato in due degli ambienti scelti un piccolo umidificatore ad ultrasuoni che mi consentiva, al bisogno, di aumentare l'umidità. Per avere un'idea quantitativa dei miei interventi ho utilizzato nelle varie zone attrezzate un rivelatore di temperature massime minima e di umidita'   massima e  minima .
Mi è venuto poi il desiderio di far crescere delle orchidee Baby, vendute anche a Monteporzio in fiasche e le piccole orchidee in cilindretti portatemi dai miei figli da Singapore. Per far ciò ho pensato di montare in una delle zone già nominate, la veranda-ingresso, una serretta in plastica, usata normalmente per il riparo invernale delle piante in terrazza, che ho attrezzato con una lampadinetta ad incandescenza da 40 Watt per la illuminazione (ma anche per incrementare un po' la temperatura) ed un miniumidificatore ad ultrasuoni, comprato in un supermercato e mi sono lanciata nella nuova avventura.

- Strumenti e dispositivi usati

Per attuare il proposito di confrontare i microclimi degli ambienti da me scelti con quelli originarii delle mie piante, ho scelto alcuni strumenti adatti allo scopo. In particolare per le misure di temperature e umidità relativa ho usato, in alcuni ambienti, un igrometro a capello e un termometro a mercurio a minima e massima entrambi a lettura diretta, reperibili presso qualsiasi ottico o centro commerciale.
Per ridurre il numero di letture dirette da fare , ho acquistato un sistema termoigrometrico della Oregon costituito da una unità centrale e tre unità periferiche poste in ambienti diversi con collegamento wireless. In tal modo posso leggere sulla unità centrale temperature e umidità relativa , max e min, di quattro ambienti diversi.
Per conoscere anche le ore nelle quali si verificano i vari valori di temperatura e umidità relativa  nei vari ambienti era necessario disporre di uno strumento registratore dei dati. Ho acquistato allora negli USA un Datalogger costituto da un elemento mobile, registratore dei dati a batteria, che può essere posizionato in qualsiasi ambiente e da una basetta che consente di scaricare i dati registrati su un computer per le elaborazioni successive.
Per modificare le condizioni di umidità delle varie zone uso due vaporizzatori ad ultrasuoni (che sviluppano vapore a temperatura ambiente) , acquistati presso centri commerciali e/o piccole fontanine di tipo Zen.
Per annaffiare gli ambienti interni ho usato normali pompette commerciali. Per gli ambienti esterni ho utilizzato derivazioni dal sistema di irrigazione del mio giardino dotate di opportuni irrigatori alimentati da microtubo.

- La mentalità scientifica non mi lascia mai !

Le orchidee staranno bene come a casa propria? Verifichiamolo! Ho iniziato a rilevare le temperature e umidita' relativa giorno per giorno (V. Fig 1)




Fig. 1

e a fare i  relativi grafici mensili, ambiente per ambiente (V. Fig 2).



Fig. 2


Successivamente ho calcolato le medie mensili (V. Fig 3 )


Fig. 3

ed ho fatto i grafici annuali. Ho ripetuto questa indagine negli ultimi 4 anni  In parallelo ho iniziato una ricerca sulle mie orchidee (che ancora devo ultimare) per vedere da che habitat provenivano e quale era la zona termica di appartenenza esaminando per esse le “Hardiness mapp” (informazioni sulle temperature minime sopportate), la latitudine,  le temperature medie mensili, notizie queste ricavate da  libri, riviste, siti internet. Le tabelle meteo mi davano la possibilità di conoscere anche altri dati quali la piovosità mensile i periodi di siccità naturale ,le indicazioni di coltivatori di equipe universitarie americane (rivista Orchids), e mi davano notizie anche sui microclimi utilizzati nelle colture oltre che sui microclimi naturali . A questo punto ho potuto confrontare per ogni ambiente e per il mio giardino le condizioni di temperature e umidita' relativa  con quelle delle zone climatiche di provenienza delle orchidee ed ho trovato, ad esempio che la zona della finestra del soggiorno esposta a ovest corrispondeva a quella della stazione di W.Koppen di  “Timbo” che però ha una distribuzione delle precipitazioni nei vari mesi di certo tipo. Questo raffronto mi ha consentito di mettere tranquillamente in questo microambiente le orchidee tropicali provenienti  da quella zona  scegliendo gli intervalli di annaffiatura in modo da riprodurre il più possibile le condizioni naturali. Queste osservazioni, ripetute per i vari ambienti e affiancate alla gestione opportuna del ventilatore e della integrazione luminosa mi ha consentito di realizzare microclimi casalinghi molto vicini a quelli naturali. Questi interventi sono tali, tuttavia da non alterare l’aspetto degli ambienti non rendendo la casa più simile a una serra che ad un ambiente familiare gradevole. Mi sono poi divertita, per esempio, a prendere le tabelle meteo delle stazioni esistenti nelle zone di crescita naturale di qualche specie  e ad modificarle affiancando alle stesse, per confronto (V. Fig 4 ),


Fig. 4

gli stessi parametri  medi rilevati nel mio giardino, in modo da verificare se la specie in esame poteva permanere all’aperto nella mia zona, a Roma, per tutto l’anno. In base a questo riscontro, ho stabilito (per il Paphiopedilum Insigne) un aumento delle annaffiature da marzo a settembre e un riparo sotto tettoia con annaffiatura ridotta da ottobre a febbraio, ottenendo ottimi risultati.
Un'altra curiosità che mi è venuta è stata quella di registrare strumentalmente i valori di temperatura e umidita' ad intervalli di tempo regolari , allora ho acquistato un “Datalogger” rivelatore e registratore di dati per il quale si possono preordinare il tempo e gli intervalli di registrazione, collegabile direttamente al computer per le successive elaborazioni (V. Fig 5).


Fig. 5


Questo modo di procedere mi ha dato la possibilità di variare alcuni parametri di coltura e di spostare , se necessario, qualche pianta da un ambiente all’altro, dopo aver studiato le caratteristiche di microclima locale nelle quali ho effettuato i rilievi negli ultimi 4 anni ma che non ho ancora elaborato completamente.
Ora possiedo circa 130 piante  e per poter ricordare sempre il percorso vitale che ciascuna di esse ha avuto nella mia casa mi servo di due miei originali Dbase  uno con la traccia storica per ciascuna pianta (V. Fig 6)



Fig. 6

che puntualizza l’arrivo, gli spostamenti, gli interventi di coltivazione per ciascuna di esse e un altro (che è ancora in elaborazione) (V. Fig. 7)


Fig. 7

che inquadra tutte le caratteristiche della pianta stessa, dall’habitat naturale, alla struttura, ai tempi di fioritura, al tipo di montaggio ecc… .
Naturalmente niente può sostituire l’osservazione continua delle piante per constatare se le scelte fatte vanno modificate o corrette e se è necessario spostare una pianta  da una zona all’altra.
Bisogna ricordare sempre che i tempi di acclimatazione delle piante, e delle orchidee in particolare, spesso sono molto lunghi (2 o più anni). Ma, parafrasando la frase del noto architetto di giardini Paolo Pejrone:  “Il vero orchidofilo non si arrende mai!!”,  sia i successi che gli insuccessi non sono che ulteriori stimoli per arricchire la propria collezione e proseguire l’attenta analisi e cura delle piante.


- Conclusione

Questo mio scritto non vuole essere che un incoraggiamento ad accogliere un numero sempre maggiore di orchidee nelle proprie case quali graditi ospiti per avere, in qualsiasi periodo dell’anno, qualche angolo fiorito da godere.
Questo scritto vuol essere anche un invito agli altri soci che si riconoscono nelle mie curiosità a collaborare insieme per continuare le ricerche sui dati relativi agli habitat e ai climi naturali da mettere, in sede ALO, a disposizione di tutti i soci e a fare rilievi sui loro microclimi presenti nelle varie zone ed appartamenti di Roma.

 

 






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